Ognuno faccia il suo mestiere

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L’odierna mancanza di lavoro non permette di realizzare sempre questo detto.E’ un guaio. Speriamo di saperci aiutare affinchè a nessuno manchi il necessario. Ma c’è un mestiere a cui tutti siamo chiamati: il mestiere di uomo. Qual è il mestiere dell’uomo? Di una persona diciamo “fa l’impiegato” o “fa la dottoressa”. Quando possiamo dire di uno: “fa l’uomo”? Dice il salmo  a Dio: Tu, o Dio, hai fatto l’uomo poco meno degli angeli, di gloria e onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi (sal. 8). Il mestiere dell’uomo è dunque importante, mestiere di responsabilità e di onore. Ma chi ne è capace? Ne è capace l’uomo che non “pensa solo a mangiare e godersi la vita”. Se il mestiere di uomo fosse risolto rispondendo ai bisogni primari della vita (mangiare, dormire, generare…) sarebbe molto simile a quello degli animali. Credo che il primo passaggio che caratterizza l’uomo che vuole “fare il mestiere di uomo” sia accettare di essere un po’ inquieto per lasciare affiorare quel pensiero alle volte impegnato e serio, altre volte melanconico o disperato che fa dire: “che ci faccio qui? In questo mondo? Che senso ha il mio vivere questa storia per non so quanti anni? E il mio inevitabile morire?” L’inquietudine di queste domande può divenire l’inizio di un cammino di ricerca dell’uomo, fatta di attenzione che distingue tra risposte che funzionano e risposte che non funzionano. La ricerca mi porta ad attendere con pazienza, facendo tesoro di ogni piccolo frammento, aguzzando occhi e orecchi per non sentire e vedere sempre e solo le solite cose. Dice un salmo “alzo gli occhi verso i monti da dove mi verrà l’aiuto?”. E, lo ammetto, vista la posta in gioco, mi viene da invocare, da chiedere quasi gridando se qualcuno (o Qualcuno) può darmi una risposta, una parola. Ecco, io credo che l’uomo possa e debba arrivare fin qui: quando un uomo si fa domande serie e vere sulla sua vita, cerca con attenzione, vive la pazienza dell’attesa e invoca, ha fatto il suo mestiere di uomo! E’ un bell’uomo, una bella donna, con cui è bello stare. Simone Weil, filosofa del secolo scorso, dice in un suo libro (L’attesa di Dio) che l’uomo è come un bambino che non sa con certezza se in casa c’è pane o acqua, ma sa con certezza che ha fame e sete, spetta a suo padre dargli da bere e da mangiare, non può prendere da solo, può solo attendere che la sua domanda sia esaudita. L’uomo ha fatto il suo mestiere di uomo quando, raggiunta la certezza di avere bisogno di senso e di risposte alle sue domande, innalza al cielo un invocazione carica di attesa. Spetta a chi abita nell’alto dei cieli (come cantano gli angeli del Natale) venirci a cercare. Questo è il mestiere di Dio: venirci a cercare. E questo è anche il significato del Natale di Gesù per noi cristiani: è il Padre che ha sentito la nostra domanda da bimbi, la nostra fame e sete di risposte, e ha inviato la sua Parola, il Verbo che si fa carne. Gesù è la risposta di Dio alle domande dell’umanità; la Vita di colui che nasce a Betlemme, tutto ciò che Lui ha detto e fatto, dice all’uomo inquieto: ogni uomo è figlio di Dio, amato di amore infinito dal Padre, messo in questo mondo per portare qualcosa di bello e di buono agli altri, per custodire la terra, cercando di superare ogni inimicizia e divisione, perché tutti nella propria povertà e debolezza possano sentirsi amati e avere il coraggio di amare non pensando solo a se stessi. La chiesa è la famiglia di coloro che, nel Natale di Gesù, incontrano Dio che è venuto a cercare e salvare chi altrimenti rischiava di perdersi e ritrovano la forza di andare verso ogni uomo e verso questo mondo per amarlo senza confini. Allora AUGURI: lasciamoci incontrare dal Dio venuto così vicino, e l’inquietudine diventi pace per ogni uomo che fa il mestiere di uomo. BUON NATALE ! don Paolo Signore Gesù, amico e fratello, accompagna i giorni dell’uomo perché ogni epoca del mondo, ogni stagione della vita intraveda qualche segno del Tuo Regno che invochiamo in umile preghiera, e giustizia e pace s’abbraccino a consolare coloro che sospirano il Tuo giorno. Tu sai che l’attesa logora, che la tristezza abbatte, che la solitudine fa paura, Tu sai che abbiamo bisogno di te per tenere accesa la nostra piccola luce e propagare il fuoco che Tu sei venuto a portare sulla terra. Riempi di grazie il tempo che ci doni di vivere per Te! Signore Gesù, giudice ultimo del cielo e della terra, vieni! La nostra vita sia come una casa preparata per l’ospite atteso, le nostre opere siano come i doni da condividere perché la festa sia lieta, le nostre lacrime siano come l’invito a fare presto. Noi esultiamo nel giorno della Tua nascita, noi sospiriamo il Tuo ritorno : vieni, Signore Gesù! Card.

 

Carlo Maria Martini

Chi fa la chiesa

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Il cantiere della ristrutturazione delle opere parrocchiali mi ha portato pensieri belli e anche qualche grana. Il pensiero più bello di tutti parte dalla constatazione della fatica necessaria per fare un edificio: progetti, calcoli, leggi, soldi; poi lavoro manuale, strumenti e mezzi, materiale; infine diligenza, esperienza, rischio… E tutto per fare un edificio speriamo utile, ma che invecchierà in fretta!
Il pensiero più bello di tutti parte dalla constatazione della fatica necessaria per fare un edificio: progetti, calcoli, leggi, soldi; poi lavoro manuale, strumenti e mezzi, materiale; infine diligenza, esperienza, rischio… E tutto per fare un edificio speriamo utile, ma che invecchierà in fretta! Ma chi è che fa la chiesa? C’è un commento di S. Agostino ripreso poi nel concilio Vaticano II che dice: “Dal costato di Cristo dormiente sulla Croce è scaturito il meraviglioso sacramento che è la Chiesa”.
Mi fa impressione il confronto tra l’affanno di noi, costruttori di cose che passano, e la pace di Cristo “dormiente” che, morto sulla croce, costruisce la Sua Chiesa.
Dal mistero pasquale, cioè dalla passione, morte, resurrezione e ascensione al cielo del Signore Gesù, nasce il “popolo di Dio” in cammino per realizzare un mondo nuovo o almeno un modo nuovo di stare al mondo.
E’ Lui che “fa”, agisce nel cuore della gente, suscita desideri di generosità e attenzione ai piccoli. E’ Lui che fa sì che la Chiesa rimanga bella e compia la sua opera di madre liberando i suoi figli dal non senso e dalla morte. Per questo i contemporanei dei primi cristiani definivano la Chiesa: “la comunità di quelli che sono senza paura”. E questa comunità la edifica Cristo stesso altrimenti non potrebbe reggere: “Stringendovi a lui, pietra viva, rigettata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, anche voi venite impiegati come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale, per un sacerdozio santo, per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, per mezzo di Gesש Cristo.” (1 lettera di Pietro apostolo) L’augurio che questi mesi siano vissuti lasciando che il Signore costruisca in noi la Sua Chiesa. Non vi sembri poca cosa “lasciarLo fare”!

  • Per lasciar fare al Signore bisogna esercitarci nella fiducia in lui, ricorrere a Lui prima e più che ad ogni altra cosa o persona.
  • Bisogna rendersi presenti là dove lui è presente, cioè nella Messa e nella Sua Parola: “Cristo è sempre presente nella Sua Chiesa, specialmente nelle azioni liturgiche. E’ presente nella Messa… è presente in tutti i Sacramenti… è presente nella Sua Parola giacchè è Lui che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura. E’ presente quando la Chiesa prega e salmeggia, Lui che ha promesso Dove due o tre sono riuniti nel mio nome io sono in mezzo a loro.”
  • Nella vita del Curato d’Ars, un santo prete francese di inizio 1800, che il papa ha riproposto quest’anno all’attenzione di tutta la chiesa, si racconta che il santo prete aveva osservato un contadino che ogni sera, tornando dal lavoro, lasciava gli attrezzi fuori della chiesa, entrava e restava seduto in silenzio per lungo tempo. Un giorno gli si avvicinò: «Cosa fate qui, buon uomo, in silenzio?». Il contadino, stupito per la domanda, gli rispose: «Sto  davanti al mio Signore: lui guarda  me ed io guardo lui».

 

Per lasciar fare al Signore bisogna infine lottare contro i vizi e gli egoismi che ci seducono e ci portano fuori dalla Sua bellezza.
Ma in questo Egli, così presente con noi, ci aiuterà. Stiamone certi!

don Paolo

La Sua vittoria

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Un pensatore cristiano dei primi secoli racconta che una notte fece un sogno. Mirìadi di passerotti svolazzavano sotto una rete tesa a una certa distanza dal suolo. Tentavano continuamente di prendere il volo, ma urtavano nella rete e ricadevano a terra. Era uno spettacolo triste, angoscioso. Ma ad un certo punto uno di questi passerotti si ostinò a lottare contro la rete finche, ferito e sanguinante riuscì a spezzarla e prese il volo verso l’azzurro. Un alto grido si levò dal popolo dei passerotti, e con un fruscio di innumerevoli ali, tutti si precipitarono attraverso la fenditura verso lo spazio senza limiti.
Gesù, ricoperto di sangue, ha spezzato la rete del destino.
L’impossibile è ormai al centro della fede cristiana e dell’umanità. Non come una facile certezza che intorpidirebbe gli uomini. Non è nello stile di Gesù evitare al uomo di essere uomo. Il suo grido vuole aprire a tutti lo spazio… (G. Bessière)
Solo le Sacre Scritture possono raccontare veramente la Pasqua di Gesù e guidarci verso quel mistero. Ogni altro racconto rischia di banalizzare la vittoria di Gesù sulla morte e sul male. Ad ogni modo, anche un racconto come quello riportato può diventare uno spunto, uno stimolo a pensare.
La Pasqua inizia dalla consapevolezza di essere sotto la rete. E’ la rete della rapidità tremenda con cui passano i nostri giorni ed è la rete che si oppone al desiderio di infinito che abita l’uomo, anzi che l’uomo stesso è.
La Pasqua annuncia la vittoria di uno, Gesù Cristo, contro tutto ciò che mortifica l’uomo che non viene mai dal Padre.
La Pasqua è l’apertura di un modo nuovo di vivere e di una speranza infinita.
Scendendo nella morte, Dio in Gesù ha voluto lottare per noi contro ciò che ci annienta, e lo ha vinto. Ma, direte, perché la morte e tutte le sue sfaccettature (paure, limiti, debolezze e soprattutto il male e il peccato) ci sono ancora? L’immagine dice una cosa che credo importantissima: la rete (cioè l’opera mortificante del male)  non è stata tolta di mezzo, ma in essa si è creata un’apertura per uno spazio nuovo. Ciò significa che sempre, da Gesù in poi, ogni incontro con il male, il limite, il peccato e perfino la morte può diventare “passaggio” cioè “pasqua” (parola ebraica che significa appunto passaggio) per una nuova vita.
Di san Paolo nella lettura della notte di Pasqua:

“Per mezzo del battesimo siamo dunque stati sepolti insieme a lui nella morte, perché  come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova. Se infatti siamo stati completamente uniti a lui con una morte simile alla sua, lo saremo anche con la sua risurrezione.”

La caratteristica dei battezzati che prendono sul serio la loro fede, è la speranza continua, la lotta contro ogni rassegnazione, l’impegno per il bene di tutti e la certezza dell’abbraccio di Dio Padre ora e per sempre.
“Gesù, vero agnello che ha tolto i peccati del mondo, morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita.”
La vittoria di Gesù e la Sua presenza viva nella nostra vita operi tutto questo!

Auguri di una Santa Pasqua.

don Paolo

La “Buona Nascita” e il Silenzio

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“Buon Natale” vuol dire “buona nascita”. Tra i tanti significati che può assumere questa espressione c’è sicuramente anche quello di essere un annuncio: può significare “c’è stata una buona nascita”, “Colui che nato è Buono”! E’ nato il Dio fatto bambino, Gesù di Nazareth: Gloria (cioè rivelazione) di Dio e Pace per gli uomini; davvero una “buona nascita”.
La statuina del dormiglione che mettiamo nel presepe è il simbolo di tutti gli uomini che non sentono questa bontà nella nascita di Cristo, o dubitano che possa fare veramente qualcosa per noi. Cosa potrà mai fare di buono questo neonato? Nelle liturgie del Natale, la Chiesa risponde è apparsa la grazia di Dio, apportatrice di salvezza per tutti gli uomini, che ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri  mondani e a vivere con sobrietà, giustizia e pietà in questo mondo, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo; il quale ha dato se stesso per noi, per riscattarci da ogni iniquità e formarsi un popolo puro che gli appartenga, zelante nelle opere buone. (Lettera di san Paolo a Tito 2, 11-14).
Gesù porta salvezza insegnandoci a rinnegare l’empietà e i desideri mondani: cioè svelando l’inconsistenza e falsità delle logiche dell’avere-potere-piacere, che sono i desideri mondani. Ma sopratutto Gesù insegna un’altra vita fatta di sobrietà, giustizia e pietà e di attesa della beata speranza. Non ci viene istintivo. La sobrietà\condivisione, la giustizia che è ricerca del bene comune e non solo del mio, la pietà intesa come senso di Dio e della Sua presenza nella nostra storia, l’attesa consolante e impegnativa del paradiso (la beata speranza) sono rese possibili dal “Buon Natale”.
Colui che è indubbiamente Buono insegna questa via di bene e la rende a noi possibile. Lo accoglieremo prestandogli un pò di fiducia? Come possiamo fare perchè compia la sua opera di salvezza? Il primo passo, per gustare la bontà del Natale di Cristo, è il silenzio. Un silenzio interiore e pensoso di chi approfitta di questi giorni per fare il punto della propria situazione al cospetto del Bambino-Salvatore. Si fa veramente Natale confrontando le nostre vie con la sua via. Diceva il papa qualche anno fa: Il Natale ci invita a entrare nel silenzio di Dio, e il suo mistero rimane nascosto a così tanti perché essi non riescono a trovare il silenzio in cui Dio agisce. Fare silenzio significa trovare un nuovo ordine interiore. Significa non preoccuparsi solo delle cose che possiamo mostrare e ostentare. Significa non guardare solo a ciò che conta tra gli uomini e ha fra di loro un valore commerciale. Significa sviluppare i sensi interiori, il senso della coscienza, il senso dell’eterno in noi, della capacità di ascoltare Dio.
Si dice che i dinosauri si siano estinti perché si erano sviluppati in maniera sbagliata: molta corazza e poco cervello, molti muscoli e poco intelletto. Non stiamo anche noi sviluppandoci in maniera sbagliata: molta tecnica e poca anima? Una spessa corazza di possibilità materiali, ma un cuore diventato vuoto? Uno spegnersi della capacità di percepire la voce di Dio in noi, di conoscere e riconoscere  il bene, il bello e il vero?  “Facciamo silenzio, parliamo del Salvatore, perché si avvicina la Mezzanotte”. Non è più che mai tempo di correggere la rotta della nostra “evoluzione”?
(Benedetto XVI)
Molta corazza e poco cervello, molte cose e cuore vuoto! I giorni del Natale di Gesù ci sono dati per riempire ancora il cuore di coraggio e desideri di bene. Siano giorni di ritrovata fiducia e serenità, di vittoria sulla paura e sulla rassegnazione, di affetti caldi e sinceri perchè quel Bambino è il Signore e torna in questo Natale a correggere la rotta della nostra “evoluzione”.

don Paolo

Pregare conta

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A volte qualcuno mi racconta, stupito, che, durante un momento di preghiera, ha colto vicina a sè la presenza del Signore. Altre volte c’è chi si meraviglia di avere chiesto intensamente un dono dall’Alto e di avere ottenuto sul serio un segno dalla provvidenza e dalla misericordia di Dio. Oppure ci si ritrova a celebrare un sacramento come l’unzione dei malati e a constatare che dopo quella celebrazione le cose cambiano… Altre volte invece ascolto racconti di preghiere che si sono infrante di fronte al silenzio di Dio, un silenzio così lancinante da aprire strade al dubbio… Ma cos’è la preghiera, come si prega? Sono queste le domande che vorremmo rimettere al centro della nostra vita di comunità. Queste poche righe servono solo per riproporre il tema.
Quando pensiamo alla preghiera subito ci viene in mente il domandare, anche perché, in italiano pregare significa chiedere a uno qualcosa… Per i cristiani questo non è il centro della preghiera.
Per noi la preghiera è il luogo della conoscenza di Dio nostro Padre, il momento dell’intimità con Lui.

“La preghiera è adattamento dell’uomo all’ambiente divino, vita davanti a Dio e con Dio, relazione con Dio. Nella preghiera il cuore, cioè il centro della persona, si concentra su Colui che gli parla, che lo chiama, e così si decentra da sé entrando nel movimento dell’ “estasi”, dell’uscita da sé per conoscere e incontrare il Signore. Così avviene la preghiera: come costante e interminabile itinerario del credente verso il suo Dio”.
(Enzo Bianchi)

I nostri momenti di preghiera sono spesso una riflessione interna a noi stessi: ripenso a cosa mi sta succedendo, a come stanno andando le cose, a come è andata la giornata… non è ancora questa la preghiera, anche se questo movimento verso l’ interiorità è indispensabile.
Ma la preghiera inizia quando esco dal mio pensiero e Mi rivolgo al Padre.
Come si fa? Ancora Enzo Bianchi:

” La preghiera cristiana è innanzitutto la faticosa e quotidiana lotta per uscire dalle immagini che noi abbiamo costruito di dio per andare verso il Dio rivelato nel Cristo crocifisso e risorto, vera immagine di Dio consegnata all’umanità “.

Ogni preghiera realmente cristiana è ascolto, uscita da se stessi, conoscenza più vera di Dio, risposta. La preghiera che facciamo insieme in chiesa è sempre suscitata dall’ascolto. E la preghiera del mattino e della sera? E il rosario, magari recitato mentre facciamo altre cose? Diventa una preghiera vera tutte le volte che ci aiuta a sentire il Signore vicino, a ricordare le sue parole e la vita di Gesù, e ci fa chiedere non una forza magica che risolva i problemi, ma il dono che toglie il male dal cuore e la luce per spendere bene la nostra unica vita.

don Paolo

Il Dio che parla e i nostri “Ma”

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” Se il chicco di grano caduto in terra non muore rimane solo, se invece muore porta molto frutto ” (Gv. 12,24)
Quando Gesù vuole preparare i suoi a capire qualcosa della sua morte e resurrezione, usa questo esempio, che i suoi occhi puri vedono nella natura intorno.
La morte del chicco di grano è il preludio alla spiga.  Gesù sa che la sua morte apre una strada di vita.
Noi cristiani crediamo nella Pasqua di Gesù, nella sua morte e resurrezione. Crediamo in quella tomba vuota, segno dell’unica vera vittoria dell’umanità.
Crediamo, con tutta la chiesa, in questo evento che ci permette ancora oggi di sperimentare la compagnia di Gesù  nella nostra vita.
Ogni volta che entriamo nell’intimo di noi stessi e ci poniamo di fronte al mistero della nostra vita e della nostra morte (perché è solo in questa zona del nostro spirito che lo Spirito di Dio può parlarci) sperimentiamo nei pensieri e nel cuore di non esser soli.
Quel Gesù di Nazareth ci è ancora vicino e ci parla nel suo vangelo, nella comunità dei credenti, nei fatti e negli incontri della nostra storia.
E se ascolti, questa Parola ti dirà e darà sempre pace. ” Pace a voi ” dice come prima Parola il risorto.
Pace nel cuore perché “Sia che viviamo sia che moriamo siamo del Signore”. Nulla potrà portare la nostra vita nel baratro e nella disfatta, se ci abita questa Parola.
E’ la nostra certezza. Ma… Quanti “ma” nella testa dell’uomo! Ci sono dei “ma” di Natale e dei “ma” di Pasqua:”Ma può Dio, il Dio origine e fonte di ogni cosa farsi così piccolo come lo contempliamo a Natale, tanto piccolo da diventare come ogni altro bimbo che è sulla terra?
“Ma può succedere dentro alla nostra storia che Dio compia una cosa così grande come è la resurrezione di un morto, lo svuotamento di una tomba?” E poi ci sono tanti altri “ma”…
“…ma in questo modo noi condanniamo Dio al silenzio,  non gli concediamo mai la parola, non gli concediamo mai di parlarci; perché quando Egli usa il linguaggio di noi uomini, anzi di un bambino che nasce, come a Natale, noi lo troviamo troppo piccolo,sproporzionato per difetto…E quando Lui, Dio, a Pasqua usa il suo linguaggio, il linguaggio dei morti che risorgono, noi lo troviamo troppo grande, sproporzionato per eccesso. E così noi ci priviamo della parola di Dio, che è Parola vera, parola che chiede di entrare in noi con la fede. Così siamo abbandonati alle parole degli uomini, che imbrogliano, che intontiscono…
I più felici tra noi sono quelli che ascoltano la Parola di Dio: quella di Natale, quella di Pasqua, quella di tutti i giorni. Ascoltano e credono alla Parola di Dio e sono più felici,perché più vicini a Dio e lontani dalla Morte.”
(P. Colombo)

Una vicinanza che non ci fa fuggire dalla vita con-creta (cioè la vita che si impasta nella terra, nella creta di questo mondo).
Le dà un senso nuovo. E la forza di amare.

Buona Pasqua

don Paolo

Secondo natura o contro natura

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Non voglio parlare di ecologia e di ambiente, problema che comunque sempre più ci coinvolge. Nè tanto meno di omossessualità o cose del genere. Vorrei partire da un detto contadino che suona così” L’è nèd cavàl l’à da fèr al cavàl” ovvero: “è nato cavallo e deve fare il cavallo”.
Nella mia campagna si usa questa espressione per dire che ogni cosa è fatta per un suo scopo: non posso zappare con il martello né piantare chiodi con un forcale! Se provo a farlo, sperimenterò solo frustrazione. Sta alla sapienza del contadino usare il mezzo giusto al momento giusto e non costringere nessun attrezzo ad andare “contro la propria natura”. Lasciamo la metafora. Anche l’uomo ha un percorso “secondo natura” da seguire. E mi viene da pensare che finchè non segue la sua natura l’uomo avrà sempre una strana sensazione di spossatezza e di insoddisfazione, come quella che può provare chi pianta chiodi con un forcale! Vorrei gridare da questa povera pagina che l’uomo usa se stesso secondo natura quando riscopre l’antico progetto su di lui: E Dio disse: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza”. Il Bimbo del Natale che noi chiamiamo “Figlio di Dio” è vera immagine e somiglianza di Dio.
E’guardando a quel Bimbo, alla sua vita e alla sua morte che vedo cosa è “secondo la natura dell’uomo”, cosa è “vivere secondo il suo senso”.
E la resurrezione di Gesù rende chiaro che la natura dell’uomo non è fatta per rimanere nella morte, ma per entrare in una vita senza fine.
Gesù di Nazareth è salvezza per l’uomo proprio perché ci insegna e ci dà forza per vivere “secondo la nostra natura”, aprendo Lui la strada, stretta ma vera.
Il vivere secondo natura proposto da Gesù ha due  dimensioni fondamentali: il rapporto con Dio, che è Padre fedele e misericordioso, e il rapporto con gli altri che sono fratelli, sempre.
Vive secondo natura chi pone la sua forza in queste due direzioni, uscendo da quell’egoismo che sarà sempre l’opposto del Natale.
Il vescovo di Molfetta, d. Tonino Bello alcuni anni fa scriveva: ” Non obbedirei al mio dovere di vescovo, se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo. Io, invece, vi voglio infastidire.
Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario…
Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli! Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio. Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, au n marocchino, a un povero di passaggio. Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita; il sorpasso, il progetto dei vostri giorni;, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate…”
Poi il testo continua con una forza che ho quasi paura a riportare…Parole difficili? Ma la notte di Natale ci sentiremo dire che la “grazia apportatrice di salvezza (cioè Gesù) ci insegna a vivere con sobrietà, giustizia e pietà, in questo mondo” e qui c’è pace.
Poi il testo continua con una forza che ho quasi paura a riportare…Parole difficili? Ma la notte di Natale ci sentiremo dire che la “grazia apportatrice di salvezza (cioè Gesù) ci insegna a vivere con sobrietà, giustizia e pietà, in questo mondo” e qui c’è pace.

don Paolo

La Messa delle 11 di ogni Domenica mattina

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E’ l’appuntamento decisivo della comunità cristiana che vive a Padulle. Scrivo per invitavi a questo appuntamento, per dire a tutti che è un momento di vera pace e forza. È la cosa più bella che abbiamo noi cristiani e vogliamo condividerla. La messa la potremmo raccontare in quattro momenti:
ACCOGLIENZA
C’è posto per tutti nella nostra chiesa, anche perché l’accoglienza non la fa il numero di sedie. Alla messa delle 11.00 ci andiamo noi “pubblicani e peccatori” per stare con Lui, che è il Figlio di Dio. E’ il Signore che accoglie e che non ha paura della nostra distanza da Lui. C’è posto per tutti nella nostra chiesa, anche perché l’accoglienza non la fa il numero di sedie. Alla messa delle 11.00 ci andiamo noi “pubblicani e peccatori” per stare con Lui, che è il Figlio di Dio. E’ il Signore che accoglie e che non ha paura della nostra distanza da Lui.
ASCOLTO
Lui ci parla. Il primo libro che apriamo ogni Domenica è la Bibbia. Leggiamo quelle parti che ci consegna la Chiesa di domenica in domenica. La certezza che sta nel cuore di chi viene alla messa delle 11.00, è che la Parola proclamata viene da Dio stesso (non dal Prete o dal Vaticano): una Parola che può “far luce” e liberare la nostra vita dall’inganno e dalla paura.
Se venite a Messa delle 11.00, veniteci con curiosità: come fa chi ha voglia di sentire qualche notizia nuova. E se io o altri non siamo entusiasti comunicatori della Parola nuova di Dio, perdonateci. Il torto è nostro.
MEMORIA
Il Signore ha detto: “ Fate questo in memoria di me!”. Noi mettiamo sull’altare quel Pane e quel Vino per un atto di obbedienza. Lui ha detto che questa è la sua volontà. Quel Pane e Vino diventano il ricordo dell’ultima cena di Gesù e ci rendono di nuovo presenti alla Croce e Resurrezione Sua.
Il Pane e Vino dell’altare diventano, per volere di Gesù stesso, il dono a noi della Sua vita; diventano il suo corpo e il suo sangue, segni del suo amore per noi; un amore che arriva fino alla morte e che dà vita, perché “chi mangia questo Pane vivrà in eterno”.
Se venite alla messa delle 11.00, veniteci con della fame: con la voglia di lasciarvi amare e consolare da chi sa riempire ogni vuoto. E se io o altri non siamo adoratori gioiosi e commossi di questo Amore così vicino, perdonateci. Il torto è nostro.
TESTIMONIANZA
Il 17 luglio del 180 (1850 anni fa circa) a Cartagine (Africa settentrionale) venivano uccise 9 persone, tra cui Saturnino, un prete, Emerito, un ricco signore nella cui casa si celebrava la Messa, e Felice. Vorrei chiudere prendendo parte dei verbali del loro processo tenutosi a Cartagine davanti al Proconsole Anulino. Furono uccisi perché cristiani e il loro essere cristiani si manifestava andando a Messa. Vorrebbe essere così anche per noi.
Anulino, il proconsole disse a Saturnino: «Hai agito contro le prescrizioni degli imperatori e dei Cesari riunendo tutte queste persone!». E il prete Saturnino rispose: «Abbiamo celebrato l’eucaristia domenicale senza preoccuparci di esse». Il proconsole domandò: «Perché?». Rispose: «Perché l’eucaristia domenicale non può essere tralasciata!». Il pro- console seguitava a domandargli: «Perché agivi contro il mandato imperiale?». E il presbitero rispondeva: «Così ordina la legge, così insegna la legge». . . Rivolto poi a Emerito, il proconsole domandò: «Nella tua casa sono state tenute riunioni contro il decreto degli imperatori?». Emerito disse: «In casa mia abbiamo celebrato l’eucaristia domenicale». E quello: «Perché permettevi loro di entrare?». Replicò: «Perché sono miei fratelli e non avrei potuto loro impedirlo». «Eppure», riprese il proconsole, «tu avevi il dovere di impedirglielo!». E lui: «Non avrei potuto perché noi cristianì non possiamo stare senza l’eucaristia domenicale». . . A Felice il proconsole così si rivolge: «Non far sapere se sei cristiano. Rispondi solo se hai partecipato alle riunioni». Ma Felice ribatté: «Come se il cristiano potesse esistere senza l’eucaristia domenicale o l’eucaristia domenicale potesse essere celebrata senza il cristiano! Non sai dunque, o Satana, che il cristiano trova il suo fondamento nell’eucaristia domenicale e l’eucaristia domenicale nel cristiano così che l’uno non può sussistere senza l’altro? Quando senti il nome di cristiano, sappi che si riunisce con i fratelli davanti al Signore e, quando senti parlare di riunione, riconosci in essa il nome di cristiano. . . Noi abbiamo celebrato la riunione con tutta solennità e sempre ci siamo riuniti per l’eucaristia domenicale e per leggere le Scritture del Signore». Se venite alla messa delle 11,00 a Padulle troverete una comunità cristiana che vuole celebrare la Messa nella stessa fede di questi martiri! E se io o altri non siamo portatori di una testimonianza così chiara, perdonateci. Il torto è nostro.

don Paolo

Pasqua  e Realtà

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Ho assistito casualmente ad una discussione sugli “spigoli arrotondati” delle strutture scolastiche per i bimbi e ho pensato alla Pasqua. Si diceva, in quel contesto, che la mania di togliere ogni difficoltà, ogni rischio, ogni problema reale ai più piccoli può diventare un grande danno educativo: la vita ne presenterà tanti di spigoli, meglio evitare l’illusione che gli spigoli non ci siano! Non entro nel merito. Pensavo, ascoltando, che sono tante le illusioni che sarebbe meglio evitare: l’illusione che la morte non ci sia, quando invece è scritto insegnaci a contare i nostri giorni e giungeremo alla sapienza del cuore. L’illusione che forse nella nostra casa non ci saranno difficoltà, quando invece è scritto che cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa fosse essa fondata sulla sabbia o sulla roccia; l’illusione che un amore duri per sempre anche senza custodirlo e alimentarlo ogni giorno con serietà, quando è scritto che nessun fornicatore, o impuro, o avaro – che è roba da idolàtri – avrà parte al regno di Cristo e di Dio. Nessuno vi inganni con vani ragionamenti: per queste cose infatti piomba l’ira di Dio sopra coloro che gli resistono. Ma si può continuare pensando all’illusione di poter vivere di diritti senza assumere i doveri e le responsabilità, fino a chiedere allo stato di sancire il mio diritto di fare quello che voglio in amore come davanti al mistero della vita pur di non soffrire; o all’illusione di portare pace con la violenza o a quell’altra che ci prende in occidente: di poter essere ricchi senza pensare ai poveri e volere che questo sia giustizia….Il nemico di Dio è il “principe della menzogna” capace di generare in noi illusioni che ci portano lontano dalla realtà. Tutte queste illusioni, quelle elencate, ma anche altre, mi portano anche lontano da Dio perché solo se accetto la domanda che mi pone la morte, se accetto la lotta per la giustizia e per l’amore, per il bene e per la pace, se accetto la vita con le sue sfide e i suoi impegni allora potrò avere il posto nel cuore per cercare la parola che Dio dice al mondo nella resurrezione di Gesù, e solo allora la sentirò veramente reale, indubitabile, folgorante e forte. Incontreremo il Dio vero e reale, in questa Pasqua, solo se saremo dei grandi realisti. E ci darà la Sua luce di pace, e la certezza che la nostra vita è preziosa. Chi non è realista non può essere un vero credente. Affogati nell’illusione che la morte sia un problema solo degli altri rischiamo di perdere la forza del grido di vittoria che viene da quella tomba vuota: Cristo è il vivente e possiamo stare con Lui in ogni passaggio della nostra vita. Buona Pasqua

  Vivi la vita

  •  La vita è un’opportunità, coglila.
  •  La vita è bellezza, ammirala.
  •  La vita è beatitudine, assaporala.
  •  La vita è un sogno, fanne una realtà.
  •  La vita è una sfida, affrontala.
  •  La vita è un dovere, compilo.
  •  La vita è un gioco, giocale.
  •  La vita è preziosa, abbine cura.
  •  La vita è una ricchezza, conservala.
  •  La vita è amore, godine.
  •  La vita è un mistero, scoprilo.
  •  La vita è promessa, compila.
  •  La vita è tristezza, superala.
  •  La vita è un inno, cantalo.
  •  La vita è un inno, cantalo.
  •  La vita è un’avventura, corrila.
  •  La vita è felicità, meritala.
  •  La vita è la vita, difendila.

 Madre Teresa di Calcutta

don Paolo

La luce vera quella che illumina ogni uomo

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Il testo della scrittura più importante nella liturgia cristiana nel giorno di Natale è l’inizio del vangelo di Giovanni (il Prologo). A metà del brano si dice:

Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni uomo.

Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe.

Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto.

A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio.

La luce vera quella che fa luce fino in fondo, su ogni uomo, nessuno escluso. Ogni uomo ha, in un qualche modo, contatto con questa luce. Una luce non esterna, ovviamente, ma che tocca nella coscienza, nell’intimo della persona. Abbiamo certezza che ogni uomo nella sua più intima profondità sente davvero la presenza di Dio e anche la voglia di lasciarsi afferrare da Lui. Alle volte sentirà quella Luce come chiarezza della vicinanza di Dio, altre volte come dubbio (forse c’è davvero Qualcuno più grande di noi…), a volte anche solo come speranza (magari ci fosse questa luce nelle tenebre della morte…). Ho timore che, per una serie strana di motivi, ciò che sentiamo in rapporto alla Luce della presenza di Dio non lo seguiamo mai, o poche volte. Eppure, oggi, siamo molto attratti dal sentire, anche pericolosamente: …La tal cosa la faccio se me la sento o quando mi sento di farla…, Fai quello che senti,…Perché, mentre siamo così ben disposti a seguire ciò che sentiamo in altri fronti della nostra vita, non lo siamo altrettanto riguardo alla Luce vera che illumina ogni uomo? Cosa ci trattiene dal dare credito al sentire profondo che riguarda Dio e la Sua ricerca? Forse tutti sentiamo che il nostro spirito esige un po’ di tempo, strappato dall’affanno del nostro correre. Forse tutti sentiamo il bisogno di conoscere meglio questo Gesù che in noi è rimasto bambino perché ce lo hanno raccontato quando eravamo bambini e poi non lo abbiamo più cercato. Forse tutti sentiamo il fascino fortissimo del poter vivere con la piena conoscenza del senso della nostra vita e con quelle risposte limpide che solo “da Chi è oltre l’uomo” possono venire con così forte chiarezza…Dice Pascal nei suoi “Pensieri”: “Noi conosciamo la verità non solo con la ragione ma anche con il cuore. È in quest’ultimo modo che conosciamo ciò che è fondamentale per la  vita, e invano il ragionamento, che non vi svolge alcun ruolo, cerca di opporvisi…. I principi si sentono!”  Il mio augurio natalizio allora è questo: che possiamo ascoltare la verità che sente il cuore e accogliere la luce che illumina ogni uomo. Il bambino nato a Betlemme, è il farsi uomo di quella Luce, di quel sentire sussurrato che spesso sopprimiamo senza troppa fatica. A natale, per mezzo della chiesa, ciò che spesso sentiamo in fondo al nostro cuore, si fa sentire nitidamente nel nostro orecchio e canta “ti annuncio una grande gioia: è nato nella tua storia il salvatore; pace all’uomo per sempre amato dal Signore”(vangelo di Luca cap.

don Paolo

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