Ognuno faccia il suo mestiere

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L’odierna mancanza di lavoro non permette di realizzare sempre questo detto.E’ un guaio. Speriamo di saperci aiutare affinchè a nessuno manchi il necessario. Ma c’è un mestiere a cui tutti siamo chiamati: il mestiere di uomo. Qual è il mestiere dell’uomo? Di una persona diciamo “fa l’impiegato” o “fa la dottoressa”. Quando possiamo dire di uno: “fa l’uomo”? Dice il salmo  a Dio: Tu, o Dio, hai fatto l’uomo poco meno degli angeli, di gloria e onore lo hai coronato: gli hai dato potere sulle opere delle tue mani, tutto hai posto sotto i suoi piedi (sal. 8). Il mestiere dell’uomo è dunque importante, mestiere di responsabilità e di onore. Ma chi ne è capace? Ne è capace l’uomo che non “pensa solo a mangiare e godersi la vita”. Se il mestiere di uomo fosse risolto rispondendo ai bisogni primari della vita (mangiare, dormire, generare…) sarebbe molto simile a quello degli animali. Credo che il primo passaggio che caratterizza l’uomo che vuole “fare il mestiere di uomo” sia accettare di essere un po’ inquieto per lasciare affiorare quel pensiero alle volte impegnato e serio, altre volte melanconico o disperato che fa dire: “che ci faccio qui? In questo mondo? Che senso ha il mio vivere questa storia per non so quanti anni? E il mio inevitabile morire?” L’inquietudine di queste domande può divenire l’inizio di un cammino di ricerca dell’uomo, fatta di attenzione che distingue tra risposte che funzionano e risposte che non funzionano. La ricerca mi porta ad attendere con pazienza, facendo tesoro di ogni piccolo frammento, aguzzando occhi e orecchi per non sentire e vedere sempre e solo le solite cose. Dice un salmo “alzo gli occhi verso i monti da dove mi verrà l’aiuto?”. E, lo ammetto, vista la posta in gioco, mi viene da invocare, da chiedere quasi gridando se qualcuno (o Qualcuno) può darmi una risposta, una parola. Ecco, io credo che l’uomo possa e debba arrivare fin qui: quando un uomo si fa domande serie e vere sulla sua vita, cerca con attenzione, vive la pazienza dell’attesa e invoca, ha fatto il suo mestiere di uomo! E’ un bell’uomo, una bella donna, con cui è bello stare. Simone Weil, filosofa del secolo scorso, dice in un suo libro (L’attesa di Dio) che l’uomo è come un bambino che non sa con certezza se in casa c’è pane o acqua, ma sa con certezza che ha fame e sete, spetta a suo padre dargli da bere e da mangiare, non può prendere da solo, può solo attendere che la sua domanda sia esaudita. L’uomo ha fatto il suo mestiere di uomo quando, raggiunta la certezza di avere bisogno di senso e di risposte alle sue domande, innalza al cielo un invocazione carica di attesa. Spetta a chi abita nell’alto dei cieli (come cantano gli angeli del Natale) venirci a cercare. Questo è il mestiere di Dio: venirci a cercare. E questo è anche il significato del Natale di Gesù per noi cristiani: è il Padre che ha sentito la nostra domanda da bimbi, la nostra fame e sete di risposte, e ha inviato la sua Parola, il Verbo che si fa carne. Gesù è la risposta di Dio alle domande dell’umanità; la Vita di colui che nasce a Betlemme, tutto ciò che Lui ha detto e fatto, dice all’uomo inquieto: ogni uomo è figlio di Dio, amato di amore infinito dal Padre, messo in questo mondo per portare qualcosa di bello e di buono agli altri, per custodire la terra, cercando di superare ogni inimicizia e divisione, perché tutti nella propria povertà e debolezza possano sentirsi amati e avere il coraggio di amare non pensando solo a se stessi. La chiesa è la famiglia di coloro che, nel Natale di Gesù, incontrano Dio che è venuto a cercare e salvare chi altrimenti rischiava di perdersi e ritrovano la forza di andare verso ogni uomo e verso questo mondo per amarlo senza confini. Allora AUGURI: lasciamoci incontrare dal Dio venuto così vicino, e l’inquietudine diventi pace per ogni uomo che fa il mestiere di uomo. BUON NATALE ! don Paolo Signore Gesù, amico e fratello, accompagna i giorni dell’uomo perché ogni epoca del mondo, ogni stagione della vita intraveda qualche segno del Tuo Regno che invochiamo in umile preghiera, e giustizia e pace s’abbraccino a consolare coloro che sospirano il Tuo giorno. Tu sai che l’attesa logora, che la tristezza abbatte, che la solitudine fa paura, Tu sai che abbiamo bisogno di te per tenere accesa la nostra piccola luce e propagare il fuoco che Tu sei venuto a portare sulla terra. Riempi di grazie il tempo che ci doni di vivere per Te! Signore Gesù, giudice ultimo del cielo e della terra, vieni! La nostra vita sia come una casa preparata per l’ospite atteso, le nostre opere siano come i doni da condividere perché la festa sia lieta, le nostre lacrime siano come l’invito a fare presto. Noi esultiamo nel giorno della Tua nascita, noi sospiriamo il Tuo ritorno : vieni, Signore Gesù! Card.

 

Carlo Maria Martini

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