Tra debolezza e grazia

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Il peccato é peccato

In nome di Dio, cioè davanti al Suo volto di luce, dovremo pur dire che certe cose sono peccato, maledizione, bruttura: lo sfruttamento dei più deboli, il disimpegno verso chi è in difficoltà, ogni tipo di violenza, la ricerca smodata del piacere e del proprio interesse, l’ira, l’impudicizia di una sessualità senza più dignità, l’ingiustizia nella distribuzione dei beni, la mancanza di attenzione al creato, l’incapacità a condividere e sopportare i bisogni degli altri, la mancanza di spirito di sacrificio per il bene, le ostinazioni… Nel mondo di chi è reso famoso dalla TV, come nella vita di chi è responsabile di un potere politico o economico, o nel quotidiano delle nostre famiglie, tutto questo è peccato serio davanti a Dio e triste bruttura nella vita degli uomini. E allora? La nostra condanna verso questi mali si è fatta debole e sembra quasi intrisa di ipocrisia: se abbiamo il coraggio della sincerità, gli stessi malanni li vediamo albergare anche nel nostro cuore o per lo meno lì accanto! C’è chi comincia a dire che poi infondo non c’è nulla di male… o peggio ancora, si perde forza nel comunicare ai più giovani certi valori perchè tanto anche noi non siamo un granché!

La via della Pasqua:il peccato “migliore”

Nella grande veglia pasquale che i cristiani celebrano nella notte tra il Sabato Santo e il giorno di Pasqua ritorna una esclamazione strana: Felice colpa! Tutti gli anni i cristiani hanno il coraggio di dire che la colpa può essere il luogo per incontrare l’amore di Dio. E 10 diciamo in genere per esperienza concreta. Citando San Bernardo, André Louf, monaco francese recentemente scomparso, dice: Esistono due modi di peccare. Uno cattivo e uno “migliore”. Cadendo nel peccato, alcuni cadono al tempo stesso nella vergogna e in un senso di colpa morboso, o, al contrario, altri cadono nella sfrontatezza e nell’impurità. Il primo è il caso dell’uomo pieno di scrupoli che si accusa all’infinito, ma invano; 11 secondo è quello del pubblico peccatore che quasi si vanta e difende il suo peccato. Il modo buono di peccare è legato alla conoscenza di Dio come Colui che ti sostiene, Colui che mette le mani sotto di te per sorreggerti. Infatti dice il Salmo 36: “se il giusto inciampa non cade perché il Signore mette la mano sotto di lui”. Incespicando, quello che importa è cercare le mani del Signore per consegnarsi a Lui anche nel momento della caduta. Abbiamo cura che la mano del Signore ci riceva al momento della caduta. C’è chi cadendo si fa schiacciare, altri invece no… per loro anche il peccato coopera per la loro santità Serve farli diventare più umili e attenti. E’ nella tentazione, quando ciascuno sperimenta la propria debolezza, che ci si può rivolgere in piena verità a Dio, che è talmente pronto a ricevere chi cade, che dà l’impressione di aver lasciato tutti gli altri per occuparsi soltanto dì lui. Ciò che è da temere di più nella Pasqua di questo anno è il “cattivo modo di peccare”. E’da temere la sfrontatezza del non saper più ammettere le proprie debolezze e i propri peccati. Chi difende il proprio peccato non può far Pasqua. Non può ricevere la ventata della vita nuova che esce dal sepolcro vuoto. E’ da temere anche quel senso di colpa paralizzante che ci impedisce di sperare in cose nuove e più belle: tanto è impossibile, si dice. Chi non spera più e guarda solo al proprio male, non cammina e non sa tracciare con decisione un cammino neanche per i più giovani.

Dio nella nostra debolezza e noi nella sua bellezza

Il Dio che muore in croce entra nel fallimento e nella sofferenza dell’uomo. Come non mi fa paura il Dio bambino del Natale, così non mi da soggezione il Dio crocifisso che condivide con me maledizione e morte. Posso raccontargli la mia debolezza e dirgli: “Ho davvero bisogno di Te. Senza di Te tutto è instabile, frammentato e diventa cattivo anche ciò che nasce buono. Salvami Signore!” Perché Gesù risorge e dà forza ad ogni debolezza che gli è veramente consegnata. Non lo so dimostrare con ragionamenti, ma, con tutte le sorelle e i fratelli cristiani, posso testimoniare che la compagnia con il Signore incontrato nei Sacramenti, nella Parola pregata, nella comunità e nei più piccoli, ci fa puntare con decisione verso un mondo più bello e giusto e verso un desiderio sempre più grande della sua Presenza. Questo passaggio tra debolezza e forza è il vero significato del nostro augurio di Don Paolo

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